L’attribuzione del cognome del figlio

Il sistema dell’attribuzione automatica del solo cognome paterno costituiva il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna». Questa la motivazione con la quale, con sentenza n. 131 del 27 Aprile 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 262 c.c., «nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto».

L’automatismo del c.d. patronimico è stato giudicato in contrasto con gli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, in quanto rende la donna-madre «invisibile», collocandola in una posizione degradata rispetto a quella dell’uomo-padre, con lesione del diritto all’uguaglianza tra i coniugi e all’unità familiare. 

Inoltre, dal momento che il cognome «collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis», veniva violato il diritto del figlio di autodeterminarsi all’interno delle relazioni sociali, poiché la sua identità era automaticamente ricollegata alla famiglia di appartenenza paterna, e questo non per una sua scelta, ma solamente in virtù del cognome che portava.

Il sistema così delineato era già stato dichiarato incostituzionale con sentenza n. 285 dell’8 Novembre 2016 della Corte Costituzionale, che aveva stabilito l’illegittimità del complesso di norme che consentiva l’attribuzione automatica del cognome paterno senza l’aggiunta di quello della madre [artt. 237, 262, 299 c.c.; art. 72, co. 1, R.D. 1238/1939 (Ordinamento dello stato civile) artt. 33 e 34, D.P.R. 396/2000 (Regolamento per la revisione e semplificazione dell’ordinamento dello stato civile)]. 

A partire dal 2016 è stata quindi riconosciuta la possibilità, fino ad allora non contemplata, di aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Il disposto presentava tuttavia il limite del necessario accordo di entrambi i genitori. Di conseguenza, l’aggiunta del cognome materno poteva essere impedita dal mancato consenso del padre.

Con la sentenza n. 131/2022, le Toghe della Consulta, smantellando definitivamente il meccanismo del patronimico, hanno preso una posizione molto più netta. E’ stata infatti prevista l’attribuzione automatica di entrambi i cognomi, della madre e del padre, anche qualora non vi sia stata l’approvazione di quest’ultimo. Inoltre, è stato stabilito che i genitori possano scegliere, di comune accordo, di attribuire i cognomi in un certo ordine, o eventualmente attribuirne uno soltanto tra essi.

La decisione ha iniziato a produrre effetti a partire dal 1 giugno 2022 (giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), con efficacia anche per i figli nati fuori dal matrimonio e quelli adottivi. 

Di conseguenza oggi il figlio, al momento del riconoscimento, assume il cognome di entrambi i genitori. 

La dichiarazione di nascita può essere resa entro 10 giorni dal parto, presso l’Ufficiale dello Stato civile del Comune nel cui territorio esso è avvenuto, ovvero entro 3 giorni presso la Direzione Sanitaria dell’Ospedale o della Casa di Cura in cui ha avuto luogo la nascita (art. 30 D.P.R. 396/2000). 

In alternativa, se è già stato effettuato il riconoscimento, può essere presentata Istanza presso la Prefettura della Provincia di residenza o quella dove si trova l’atto di nascita (artt. 84 ss. del D.P.R. 396/2000). In questo caso, la domanda può provenire anche dallo stesso interessato, qualora egli sia maggiorenne; per i minorenni, invece, deve necessariamente derivare dai genitori o tutori in rappresentanza. 

L’istanza, oltre a tutta la documentazione necessaria, deve contenere anche una dettagliata motivazione. Infatti, qualora il Prefetto lo ritenga opportuno, può domandare una integrazione dei motivi, per un più corretto esame della richiesta. Conclusa la fase istruttoria, se la questione viene considerata meritevole, l’Organo emana un Decreto, il cui contenuto viene pubblicato presso l’Albo Pretorio on line del Comune di nascita o quello di residenza. Trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione, in mancanza di opposizione, il richiedente potrà ottenere il Decreto autorizzativo della modifica del cognome. 

In entrambi i casi – dichiarazione di nascita e decreto del Prefetto – il cognome risulterà su tutti i documenti ufficiali della persona interessata, comportandone quindi indefettibile elemento di identificazione. Il risultato potrà consistere non solo nell’aggiunta del cognome materno a quello paterno, ma anche dell’eventuale diverso ordine tra i cognomi, o della selezione di uno solo tra essi.

Queste ultime due ipotesi sono state previste dalla stessa pronuncia costituzionale del 2022. In tali casi, tuttavia, affinché vi sia modifica dell’ordine o riconoscimento di un cognome soltanto, è necessario un accordo tra i coniugi che preveda la piena approvazione da parte di entrambi (a differenza dell’aggiunta del cognome materno che avviene invece ex lege). 

L’accordo dovrà contenere in maniera esplicita entrambe le volontà. Qualora dichiarazione di nascita sia stata resa da uno soltanto dei genitori, quest’ultima dovrà infatti includere una dicitura specifica che renda nota la concordanza sulla decisione presa (utilizzando ad esempio la formula “L’intervenuto/a dichiara l’avvenuto previo accordo tra egli/ella stesso/stessa e l’altro genitore sopra identificato relativamente all’attribuzione del cognome …………………………….……………………”).

Qualora invece i genitori non riescano a concludere l’accordo, molti dubbi sono emersi rispetto alle conseguenze ed i rimedi esperibili. 

La Corte, nella succitata pronuncia, ha suggerito di fare ricorso agli artt. 316 c.c. (Responsabilità genitoriale) e 337-ter c.c. (Provvedimenti riguardo i figli). Le disposizioni permettono di rivolgersi al Giudice in caso di contrasto su questioni di particolare importanza per la crescita del minore, sorto all’interno di coppie unite in matrimonio (art. 316 c.c.), ovvero in coppie separate o divorziale (art. 337-ter c.c.).

La soluzione ha tuttavia sollevato alcune perplessità, in quanto le norme prevedono che, nei rispettivi casi, il Giudice debba porre in essere attività diverse. Mentre l’art. 316 c.c. dispone che egli indica i provvedimenti che ritiene più idonei, l’art. 337-ter stabilisce che lo stesso adotta i provvedimenti relativi alla prole, con esclusivo interesse per il minore. La differenza sta quindi nella autorevolezza dell’intervento giudiziale. Ebbene, ciò che non è chiaro è in base a quale criterio si considera giustificata la disparità di risposta da parte del Magistrato, dal momento che l’oggetto della criticità alla base del ricorso – il mancato accordo sull’ordine di attribuzione dei cognomi o l’attribuzione di uno soltanto tra essi – è il medesimo, sia in caso di coppie unite che separate. 

Al di là dei rimedi prospettati, la Consulta ha comunque sollecitato un intervento legislativo, significando la mancanza di una norma di dettaglio in materia.

L’intervento del Legislatore è stato richiesto anche con riferimento ad altri due importanti aspetti. In primo luogo, per impedire che l’attribuzione, così come prevista, non comporti una moltiplicazione selvaggia dei casi di omonimia, lesiva della funzione identitaria del cognome stesso. In secondo luogo, sotto il profilo dell’unità familiare, per uniformare le disposizioni attualmente vigenti, al fine di evitare che fratelli e sorelle si ritrovino ad avere cognomi diversi. Questo perché la pronuncia del 2022, avendo effetti solo pro futuro, ha comportando l’eventualità che i figli più piccoli possano avere un cognome diverso rispetto a quello dei fratelli maggiori. 

In risposta, nel corso della XVII, XVIII e XIX Legislatura sono stati proposti una serie di Disegni di Legge. In particolare, con il DDL n. 2102 del 17 febbraio 2021 è stata prospettata l’introduzione del nuovo art. 143-bis.1 c.c., il quale, ai commi 1 e 2, stabilisce che «I genitori coniugati, all’atto della dichiarazione di nascita del figlio, attribuiscono al figlio il cognome di entrambi nell’ordine concordato, secondo la loro volontà. In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico». Su questa ultima parte della disposizione si è acceso un ampio dibattito, mosso soprattutto da quella dottrina che, dietro al sistema alfabetico, scorge il rischio della scomparsa dei cognomi meno favoriti. Più in generale, il meccanismo è stato considerato una ingerenza indebita e forzosa tra le scelte dei genitori. 

Nel successivo DDL n. 131 del 13 ottobre del 2022 – attualmente in fase di studio – è infatti scomparso il riferimento all’ordine alfabetico. Di talché, quest’ultimo Disegno di Legge propone di introdurre un sistema per il quale, in caso mancato raggiungimento dell’accordo, «il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili al fine di risolvere il contrasto. Se il contrasto permane, il giudice procede alle operazioni per l’estrazione a sorte del cognome da attribuire, scegliendo tra il cognome di entrambi i genitori secondo i vari ordini possibili, il cognome del padre o il cognome della madre» (art. 143-quater c.c.). Inoltre, il testo prevede che ai figli nati successivamente verrà attribuito lo stesso cognome del fratello maggiore. Da ultimo, viene stabilito che il figlio cui siano stati attribuiti entrambi i cognomi, potrà a sua volta trasmettere alla porle uno solo tra essi, a sua scelta. Questo al fine di evitarne la moltiplicazione per ogni nuova generazione. 

Le disposizioni sembrano essere in linea con la Circolare n. 63 del Ministero dell’Interno del 1 giugno 2022, volta a chiarire il contenuto e la portata della sentenza n. 131/2022. Il documento ministeriale, nel considerare che «l’accordo è imprescindibile per poter attribuire al figlio il cognome di uno soltanto dei genitori», ha infatti chiarito che, «in mancanza di tale accordo, devono attribuirsi i cognomi di entrambi i genitori nell’ordine da essi deciso. Qualora, inoltre, non vi sia accordo sull’ordine di attribuzione dei cognomi, la Corte Costituzionale – nella stessa sentenza – ha precisato che si rende necessario l’intervento del giudice, che l’ordinamento giuridico già prevede per risolvere il disaccordo su scelte riguardanti i figli». Da ultimo, la Circolare conclude chiarendo che ogni eventuale disaccordo tra i coniugi, che renda impossibile la formazione dell’atto di nascita, andrà segnalato alla Procura della Repubblica, che si attiverà per garantire il preminente interesse del minore.